Cardiopatie congenite, circa l’1% dei nati ne soffre

sabato 17 febbraio 2024
Cardiopatie congenite, circa l’1% dei nati ne soffre

Le cardiopatie congenite sono la principale causa di mortalità infantile. Circa l’1% dei nati vivi presenta queste anomalie strutturali del cuore e dei grossi vasi, «sono tra le malformazioni neonatali più comuni – spiega la dottoressa Paola Neroni, pediatra cardiologa dell’ambulatorio di Cardiologia perinatale e pediatrica del Policlinico Duilio Casula – e i fattori di rischio associati all’insorgenza della cardiopatia sono molteplici: fattori genetici ereditari o acquisiti, condizioni materne, familiari e fetali».

Tra le cause materne si individuano il diabete, una condizione patologica particolarmente frequente in Sardegna, che aumenta di circa cinque volte il rischio di cardiopatia congenita. Lo stesso avviene per altre patologie autoimmuni come ad esempio il Lupus.

Alcune cardiopatie devono, infatti, essere diagnosticate, curate e operate subito in epoca neonatale proprio perché incompatibili con la vita.
L’esigenza di arrivare a una diagnosi precoce già in epoca fetale deriva dalla reale aumentata sopravvivenza del neonato quando il parto viene programmato in centri di III livello dotati di cardiochirurgia neonatale, spiega la dottoressa Paola Neroni.

In caso invece di mancata diagnosi prenatale ci sono sintomi nel neonato che devono destare sospetti come il soffio cardiaco presente nei primi giorni di vita, la cianosi, la sudorazione e l’affaticamento ai pasti, lo scarso incremento ponderale. «In questi casi – prosegue la dottoressa Neroni- è necessario indirizzare il piccolo in un ambulatorio di cardiologia pediatrica per eseguire una visita, un ECG ed un ecocardiogramma.

Viceversa, molte cardiopatie congenite cosiddette “semplici” possono non manifestarsi in modo chiaro nei primi anni di vita e rimanere misconosciute anche sino all’età adolescenziale e adulta, in quanto povere di sintomi o asintomatiche. Di qui la necessità di consigliare una valutazione cardiologica elettiva in età neonatale - pediatrica e comunque entro i 6 anni anche in bambini apparentemente privi di sintomi.
«Grazie al miglioramento delle capacità mediche diagnostiche, chirurgiche, farmacologiche e di emodinamica interventistica - prosegue la specialista - si stima attualmente che circa il 95% dei bambini con difetti cardiaci congeniti raggiungano l’età adulta».

Il benessere e la cura di questi pazienti non termina con la correzione del difetto cardiaco durante l’infanzia, ma richiede un continuo controllo multidisciplinare sino all’età adulta.

«Per questo motivo – conclude la dottoressa Paola Neroni - sono state create delle strutture mediche specializzate che facilitino il passaggio dalla gestione di tipo pediatrico a quello di tipo adulto, le cliniche GUCH (Growing up congenital heart). In questo modo viene assicurata la cura e l’assistenza più adeguata di questi pazienti così complessi in modo da consentire una qualità di vita che sia sovrapponibile a quella dei loro coetanei».

 

CL

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