Micro-stimolazione cura la dislessia

martedì 29 marzo 2016
Dislessia piccolo

Si apre una nuova frontiera per il trattamento della dislessia: attraverso la stimolazione cerebrale non invasiva con una micro-stimolazione a bassissima intensità elettrica è possibile migliorare le capacità di lettura dei bambini in tempi molto ridotti. La stimolazione non è neppure percepita dai bambini durante il trattamento e non ha provocato nessun effetto indesiderato o fastidio.

La tecnica è stata sperimentata dai ricercatori di Neuropsichiatria Infantile dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù sotto la supervisione della dottoressa Deny Menghini, in collaborazione con il Laboratorio di Stimolazione Cerebrale della Fondazione Santa Lucia. È la prima volta che si tenta questa strada. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Restorative, Neurology and Neuroscience.

La dislessia è un disturbo di natura genetica, biologica, ambientale che porta a una difficoltà nella lettura. In Italia colpisce circa il 3% dei bambini in età scolare con ripercussioni sull'apprendimento, sulla sfera sociale e psicologica. Nei bambini dislessici ci sono alcune aree del cervello poco attive o con un livello di attivazione alterato.  Per condurre lo studio è stata utilizzata la tecnica di Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta (tDCS), procedura non invasiva con passaggio di corrente a basso voltaggio (pari a quello necessario ad alimentare il monitor di un pc) già impiegata per la terapia di alcuni disturbi come l'epilessia focale o la depressione.

Lo studio, finanziato dal Ministero della Salute italiano, è stato condotto secondo le norme della World Medical Association's Declaration of Helsinki e autorizzato dal Comitato Etico Indipendente dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. La stimolazione viene fornita da un dispositivo portatile, alimentato da pile, in grado di erogare una corrente continua ad intensità molto bassa, 1 milliampere. In 6 settimane di trattamento, i bambini sottoposti alla procedura hanno migliorato del 60% la velocità e l'accuratezza in alcune prove di lettura, passando da 0,5 a 0,8 sillabe lette al secondo. Il risultato di 0,3 sillabe di miglioramento al secondo è quanto un bambino dislessico ottiene spontaneamente (ovvero senza terapia) nell'arco di un intero anno. Il miglioramento si è dimostrato stabile anche dopo un mese dall'ultima seduta.

«I risultati ottenuti in questa prima fase sono di grande importanza dal punto di vista clinico», sottolinea Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù. «È una tecnica sicura che può portare a benefici documentati sull'efficacia e l'efficienza del trattamento in un arco di tempo molto più breve rispetto alla terapia tradizionale. Questa ricerca può quindi aprire la strada a nuove prospettive di riabilitazione della dislessia, con una sostanziale riduzione dei tempi, dei costi della terapia e del disagio per le famiglie nel dover sostenere lunghi percorsi di cura e di ridotta efficacia documentata. Non sostituirà ma integrerà' la terapia logopedica tradizionale».

(fonte: ansa)

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