Diabete, in Sardegna 120mila casi

martedì 14 novembre 2023
Diabete, in Sardegna 120mila casi

Il diabete mellito è ormai una pandemia. I dati degli ultimi dieci anni, sempre in crescita, lo dimostrano: ne soffre il 10 per cento della popolazione tra i 20-79 anni e in Sardegna si stimano circa 120-130mila malati.

«Secondo i dati forniti dall'International Diabetes Federation (IDF 2021) – spiega Efisio Cossu, direttore della Diabetologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari - si stima che ci siano oltre 536 milioni di adulti diabetici. E ogni anno si registrano circa 6,7 milioni di decessi legati al diabete, cifra che è destinata ad aumentare in modo esponenziale nei prossimi decenni».

In Italia, secondo i dati ISTAT, la prevalenza del diabete noto è stimata al 5,9%, che corrisponde a circa 3,5 milioni di persone, vi sarebbe anche un milione di persone non diagnosticate. Tra questi, un milione è affetto da una malattia cardiovascolare, mentre 3,6 milioni sono a rischio cardiovascolare molto elevato. Si stima anche che circa 1,2 milioni di pazienti diabetici abbiano una malattia renale, con un aumento di circa 2.000 nuovi dializzati ogni anno.

«È fondamentale – spiega il direttore della Diabetologia – implementare strategie di prevenzione e promuovere uno stile di vita sano per ridurre l'incidenza del diabete e le sue complicanze. Inoltre, è necessario migliorare gli accessi alle cure e alle terapie per garantire una gestione adeguata del diabete e prevenire il peggioramento delle condizioni di salute delle persone affette da questa patologia».

Un paziente su due risiede in città, dato che indica la presenza di una nuova epidemia chiamata "diabete urbano", proprio perché si sviluppa nei grandi centri. Secondo stime dell'IDF, entro il 2045, il 75% della popolazione diabetica vivrà nelle metropoli o nelle città. E certamente un ruolo fondamentale lo giocano gli stili di vita. «Un'analisi condotta su una città metropolitana – dice Cossu – ha osservato che la percentuale più alta di soggetti diabetici si sposta utilizzando mezzi privati invece di camminare o andare in bicicletta. L'aumento dell'obesità spiega in gran parte l’aumento della prevalenza e dell'incidenza del diabete di tipo 2».

È stato ampiamente dimostrato, dice ancora lo specialista, che «il diabete può essere prevenuto grazie a interventi sullo stile di vita, con benefici a lungo termine. Rimane ancora aperto il dibattito riguardo all'efficacia degli screening per la prevenzione secondaria, cioè per individuare il diabete già insorto ma non ancora diagnosticato. Alcuni ritengono che riscontri clinici più solidi siano necessari per dimostrare quanto sia efficace, in termini di rapporto costo-beneficio, l'adozione di uno screening a livello di popolazione per il diabete, solo attraverso una continua e attenta valutazione dei rischi e l'adozione di interventi mirati sarà possibile».

Cossu spiega l'importanza di intervenire sulla prevenzione per contrastare questa malattia. «Sono stati sviluppati – dice – diversi punteggi di rischio che consentono di identificare le persone predisposte allo sviluppo del diabete, le quali sarebbero particolarmente indicate per la prevenzione primaria. Questi punteggi di rischio sono utili anche per individuare le persone affette da diabete non diagnosticato, in modo da sottoporle a uno screening cercando di avviare una prevenzione secondaria adeguata. Per determinare questi punteggi, vengono considerate variabili facilmente reperibili come l'età, la circonferenza vita, il BMI (indice di massa corporea), l'anamnesi familiare e gli esami biochimici quali la glicemia e l'assetto lipidico».

 

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