Alzheimer, con la prevenzione si riduce il 40% della malattia

giovedì 21 settembre 2023
Alzheimer, con la prevenzione si riduce il 40% della malattia

L’Alzheimer è una patologia molto diffusa e in forte aumento in tutta Italia, a causa delle mutate caratteristiche della popolazione in termini di invecchiamento, ma esiste la probabilità che contrastando alcuni fattori si possa prevenire. «Ci sono dati solidi sulla possibilità di prevenzione – spiega dottor Gianluca Floris, neurologo del Policlinico Duilio Casula – che è possibile nell’età media e senile della vita, agendo su fattori di rischio come diabete, ipercolesterolemia, ipertensione e obesità ed anche su uno stile di vita poco salutare, comprendente una scarsa attività fisica e mentale, un'alimentazione poco equilibrata, l'abuso di alcool o altre sostanze, il fumo, l’isolamento sociale e i traumi cranici».

«In sostanza – continua lo specialista – influendo sui fattori modificabili si potrebbero prevenire fino al 40% delle forme o quanto meno ritardare l’età di esordio di un numero sostanziale di casi».

Il fattore di rischio principale delle demenze è l’età, quindi salvaguardare la popolazione più anziana è diventato necessario, perché «le demenze in generale e la malattia di Alzheimer, che è la forma più frequente – prosegue il dottor Floris –  sono in costante crescita. Infatti, in Sardegna si contano circa 25 mila persone con demenza di cui 14 mila con Alzheimer». Quattro mila in più rispetto all’anno scorso. In Italia sono 1.220mila i pazienti affetti da demenza, 100mila in più in un anno, e 650mila persone soffrono di Alzheimer.

Le demenze sono caratterizzate dallo sviluppo in età adulta di disturbi a carico delle principali funzioni cognitive quali la memoria, il linguaggio, le funzioni di pianificazione, le funzioni visuo-spaziali e di disturbi del comportamento associati a compromissione delle autonomie quotidiane.
Oggi è divenuto evidente che la malattia di Alzheimer è caratterizzata da una lunga fase iniziale prima che si sviluppino i sintomi della durata di circa 10 anni, da una fase di segnali precoci in pazienti con conservate autonomie e solo in seguito da una fase di vera e propria demenza. Se la malattia non si riesce a prevenirla è importante riscontrarla e trattarla nel minor tempo possibile.

Per questo motivo, prosegue l’esperto «lo sforzo dei ricercatori è concentrato sulla diagnosi precoce e su interventi terapeutici in fase iniziale. Pertanto, la presa in carico precoce, in centri dedicati agli aspetti cognitivi e comportamentali di questa patologia, con la pianificazione di interventi farmacologici e non farmacologici sul singolo paziente, l’informazione al caregiver ed ai familiari permette di migliorare la sintomatologia e la qualità della vita dei pazienti e dei familiari con una terapia combinata».

«Le aumentate conoscenze – conclude il dottor Gianluca Floris – sulla storia della malattia hanno permesso un netto miglioramento dell’accuratezza diagnostica con possibile utilizzo di biomarker indicativi dei meccanismi patologici e di neurodegenerazione».


Martina Cau

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