Sepsi, donare il sangue ha un impatto positivo sui pazienti

mercoledì 13 settembre 2023
Sepsi, donare il sangue ha un impatto positivo sui pazienti

Molti pazienti colpiti da sepsi hanno bisogno di trasfusioni, pertanto donare il sangue è un grande gesto che ha molta rilevanza per chi vive grazie ad esse. Queste hanno un grande impatto e sono importanti per la sopravvivenza della maggior parte dei pazienti.

La sepsi è nota anche con il nome di setticemia ed è la grave complicanza di un'infezione che danneggia tessuti e organi compromettendone il funzionamento e il suo peggioramento può portare a shock, insufficienza di più organi o morte, soprattutto se non riconosciuta e non trattata in tempo. Pertanto, la donazione è molto importante.

Disporre di una riserva sicura di sangue è una parte essenziale per la lotta contro questa malattia, considerato il grande impatto che ha la patologia in tutto il mondo. Sono circa 47-50 milioni i casi che si verificano ogni anno nel mondo e solo in Europa se ne registrano circa 700 mila. Inoltre, nel 40% dei casi, la sepsi riguarda bambini di età inferiore ai cinque anni.

Alcune persone sono più a rischio, come i pazienti con malattie croniche a polmoni, fegato, cuore, coloro senza milza, o con un sistema immunitario indebolito, i bambini di età inferiore a un anno e gli adulti over 60. I pazienti affetti da malattie oncologiche hanno un rischio di sepsi 10 volte maggiore e il 43% di probabilità in più di morire rispetto a persone non malate.

Anche il fumo è un fattore di rischio, poiché aumenta il pericolo di infezioni respiratorie. I sintomi più comuni nei pazienti affetti da sepsi sono stanchezza, confusione mentale, incapacità nell’articolare parole, dolori con brividi e febbre e la pelle che presenta un colorito bluastro. Anche se si rimane senza il bisogno di urinare per tutto il giorno, o la presenza di affanno e fiato corto, sono avvertenze che possono indicare la presenza di questa patologia.

È una malattia che è possibile prevenire e per farlo è necessario evitare contaminazioni, soprattutto quelle connesse all’assistenza, mediante la frequente igiene delle mani eseguita correttamente e l’applicazione scrupolosa delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni nei luoghi di cura. Sono importanti a scopo preventivo, anche l’aggiornamento periodico del personale sanitario in materia di igiene e l’uso delle vaccinazioni disponibili. È però importante ricordare che l’80% dei casi avviene al di fuori degli ospedali.

La maggior parte dei pazienti che sopravvivono alla setticemia tendono a riprendersi del tutto, ma altri possono essere costretti ad affrontare conseguenze a lungo termine. Per questo motivo è importante sapere che il recupero post-sepsi può richiedere mesi o, addirittura, anni. Infatti, fino al 50% di sopravvissuti soffre di conseguenze a lungo termine fisiche e/o psicologiche. Gli effetti della patologia possono presentare conseguenze varie e, in determinati casi, comparire anche dopo alcuni anni.

La sepsi rappresenta, non solo una sfida clinica, ma anche un importante problema di salute pubblica che ha portato il tasso di mortalità italiano dal 3% all’8%, nel corso di questi anni.

 

Martina Cau

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