Curare il cuore dei più piccoli

venerdì 17 febbraio 2023
Curare il cuore dei più piccoli

Le cardiopatie congenite colpiscono ogni anno, solo in Italia, con un’incidenza di circa 8-10 casi ogni mille nati. Al Policlinico Duilio Casula l’Ambulatorio di cardiologia perinatale e pediatrica, della Terapia intensiva neonatale diretta dal professor Vassilios Fanos , si cura del cuore dei più piccoli e la dottoressa Paola Neroni, pediatra cardiologa, vengono visitati circa 4mila piccoli pazienti all’anno con l’ausilio di macchinari di ultima generazione.

Le cardiopatie congenite sono anomalie strutturali del cuore e dei grossi vasi e «sono le malformazioni neonatali più comuni – spiega la dottoressa Neroni – e si verificano in quasi l’1% dei nati, rappresentando la più frequente causa di mortalità infantile. L’origine di tutte le cardiopatie risiede in un’alterazione nella formazione e nello sviluppo del cuore durante la vita embrionale e la vita fetale, tra la seconda e la nona settimana di gestazione. Sono difetti ben tollerati durante la vita intrauterina e si palesano in tutta la loro gravità solo dopo la nascita, configurandosi in alcuni casi come vere urgenze neonatali. Quando è presente un difetto unico si parla di cardiopatia congenita semplice, se sono presenti più difetti contemporaneamente si parla di cardiopatia congenita complessa. Se si prende invece in considerazione il periodo della vita in cui si presentano clinicamente, possono essere distinte in cardiopatie congenite a esordio neonatale e cardiopatie congenite del lattante e del bambino».

Sono molteplici i fattori di rischio associati all’insorgenza di cardiopatia e spesso risultano legati a condizioni materne, familiari e fetali. «Tra le cause materne – continua la dottoressa Neroni – il diabete (condizione patologica particolarmente frequente in Sardegna) aumenta di circa 5 volte il rischio nel feto, così come il Lupus e altre patologie autoimmuni. Altri fattori di rischio sono rappresentati da eventuali infezioni contratte durante la gravidanza come la rosolia, dall’assunzione materna di farmaci o da cattivi stili di vita come abuso di alcol e fumo. La presenza di familiari di primo grado affetti da cardiopatia espone a un maggiore rischio di ricorrenza nel nascituro. Infine, se il feto presenta anomalie cromosomiche (trisomia 21 o sindrome di Down, trisomia 18, 13), extracardiache o alterazioni del ritmo come tachicardia o bradicardia è fortemente consigliato un esame di II livello come l’ecocardiogramma fetale al fine di escludere l’associazione di cardiopatia congenita».

La diagnosi precoce è fondamentale al fine di permettere un adeguato counseling familiare, ottimizzare l’assistenza durante il parto e programmare i necessari interventi terapeutici. «L’esigenza di individuare precocemente la patologia, già in epoca fetale, deriva dalla reale aumentata sopravvivenza del neonato quando il parto viene programmato in centri di III livello dotati di cardiochirurgia neonatale».

«Alcune cardiopatie – spiega la cardiologa pediatra – devono essere diagnosticate, curate e operate in epoca neonatale proprio perché incompatibili con la vita. Invece altre consentono di attendere qualche mese e di ridurre i sintomi legati allo scompenso cardiaco ricorrendo a una terapia medica a base di diuretici e ACE-inibitori, in attesa dell’intervento correttivo. Il senso di prolungare quanto più possibile l’intervento risiede nella possibilità di ottenere risultati migliori, una minore incidenza di complicanze legate all’anestesia e all’operazione e di avere un decorso post-operatorio più veloce e meno insidioso». In caso invece di «mancata diagnosi prenatale – continua la dottoressa Neroni – ci sono sintomi nel neonato che devono destare sospetti e che meritano un approfondimento diagnostico. Il principale è il soffio cardiaco, molto diverso dal soffio innocente, rilevato spesso dal pediatra e che, quando presente nei primi giorni di vita, deve indurre a richiedere una visita. Altri sintomi importanti sono rappresentati da cianosi, sudorazione, affaticamento ai pasti e difficoltà di crescita ponderale. In presenza di un tale quadro clinico è necessario indirizzare il piccolo in un ambulatorio di cardiologia pediatrica per eseguire una visita cardiologica, un ECGC ed un ecocardiogramma».

«La stragrande maggioranza delle cardiopatie congenite può essere curata con elevate probabilità di successo con interventi di chirurgia convenzionale e di emodinamica consentendo la correzione del difetto, il ripristino di una buona funzione cardiaca e il ritorno a una vita normale. Nei casi più complessi – conclude la dottoressa Paola Neroni – la chirurgia spesso non può ricreare la normale anatomia, in questi casi si parla di interventi chirurgici palliativi, il cui fine è quello di rendere la cardiopatia compatibile con la vita pur non potendo assicurare al paziente una qualità di vita perfettamente sovrapponibile a quelle dei suoi coetanei sani».

È fondamentale seguire l’eventuale terapia farmacologica e controlli periodici presso il centro di cardiologia pediatrica di riferimento, al fine di valutare l’evoluzione nel tempo delle cardiopatie congenite per intercettare eventuali complicanze, ad esempio di natura aritmica, ma soprattutto per programmare il miglior iter terapeutico.

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