Obesità in Italia, uno dei principali problemi di salute pubblica

martedì 27 dicembre 2022
Obesità in Italia, uno dei principali problemi di salute pubblica

Nel nostro Paese più di 25 milioni di persone sono affette da sovrappeso o obesità, una patologia complessa caratterizzata da uno squilibrio del bilancio energetico al cui sviluppo contribuiscono fattori genetici e ambientali. In pratica il 46,2% degli adulti (oltre 23 milioni) e il 26,3% dei bambini e adolescenti tra i 3 e i 17 anni (2,2 milioni). È quanto emerge dal 4/o Italian Barometer Obesity Report, riferito all'anno 2021, presentato oggi e realizzato da IBDO Foundation in collaborazione con Istat, Coresearch e Bhave e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk.
Dal report emergono differenze di genere (fra gli adulti l'11,1% delle donne è affetto da obesità, contro il 12,9% degli uomini; tra i bambini e gli adolescenti il 23,2% delle femmine è in eccesso di peso, contro il 29,2% dei maschi) e territoriali a svantaggio del Sud e Isole, dove rispettivamente il 31,9% e il 26,1% dei bambini e degli adolescenti è in eccesso di peso rispetto al 18,9% al Nord-Ovest, al 22,1% al Nord-Est e al 22% al Centro. Le diseguaglianze territoriali si confermano anche tra gli adulti, con un tasso di obesità che varia dal 14% al Sud e 13,6% nelle Isole, al 12,2% del Nord Est, al 10,5% del Nord-Ovest e Centro.

«Per quanto riguarda la Sardegna, finora considerata una regione a prevalenza inferiore rispetto alle altre regioni dell’area meridionale-insulare - spiega la professoressa Fernanda Velluzzi del Centro obesità del San Giovanni di Dio - i dati registrati nel 2021, mostrano un incremento del tasso di obesità nella popolazione adulta, anche se i dati relativi all’età evolutiva (3-17 anni) sono ancora inferiori (circa il 23%) sia alle regioni del Sud Italia (33% in media) che alla media nazionale pari ad oltre il 26%».

«Un altro dato legato all’influenza del territorio – prosegue la professoressa Velluzzi - è l’associazione tra prevalenza di eccesso ponderale e urbanizzazione, osservata sia nei comuni settentrionali (l’8,4% nei comuni a bassa densità, contro l’11,5% in quelli ad alta densità) che in quelli meridionali, (il 10,4% nei comuni a bassa densità, contro   il 14,2% in quelli ad alta densità), soprattutto nella fascia di età tra i 18 e i 64 anni. Infine, anche nel recentissimo Report, si conferma il maggiore rischio di sovrappeso e obesità nelle persone appartenenti alle fasce di popolazione più svantaggiate in senso socioeconomico e culturale».

Oltre ai dati di prevalenza, a preoccupare gli esperti è il fatto che una larga quota di italiani non riconosca di avere un problema di peso: l'11,1% degli adulti con obesità e il 54,6% degli adulti in sovrappeso ritiene di essere normo peso e ben il 40,3% dei genitori di bambini in sovrappeso o obesi considera i propri figli sotto-normo peso. Ancora inferiore è la quota di persone con sovrappeso o obesità che ritiene di essere affetta da una patologia cronica.

«Questa scarsa ed errata percezione del problema è soprattutto legata all’opinione comune – spiega la professoressa - diffusa purtroppo anche nel mondo sanitario, che alla base dell’eccesso di peso vi siano, da parte dell’individuo che ne è affetto, una scarsa determinazione e motivazione ad affrontarlo. Lo stigma che di conseguenza si crea nei confronti delle persone affette da obesità, ma anche la formazione insufficiente degli operatori sanitari, rappresentano un ulteriore ostacolo alla soluzione del problema. L’abitudine alla rilevazione delle misurazioni antropometriche (peso, altezza, indice di massa corporea, circonferenza addominale) che permetterebbe di trasmettere ai pazienti l’interesse degli operatori nei confronti delle patologie caratterizzate da eccesso ponderale e di stimolare la motivazione, è infatti ancora poco diffusa sia a livello territoriale che in ambito ospedaliero».

Sottovalutare l’obesità dal punto di vista clinico espone allo sviluppo di complicanze, soprattutto patologie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2, alcuni tipi di tumori, patologie respiratorie e osteoarticolari, oltre a diversi problemi psicologici e di salute mentale. Inoltre, lo stato infiammatorio cronico associato all’obesità predispone ad un’evoluzione più grave delle patologie infettive come è emerso durante la pandemia da Covid-19. Infine, l’obesità è responsabile di un aumentato rischio di mortalità e di una peggiore qualità della vita.

Riprendendo il tema della realtà sarda, «i dati mostrati nel Report sono in linea con quelli recentemente rilevati dal Centro Obesità dell’Aou di Cagliari - spiega  sempre la professoressa Fernanda Velluzzi - in un campione di 600 persone adulte appartenenti alla popolazione generale dell’intero territorio regionale ed equamente suddivise in base alla residenza geografica (urbana e rurale) in cui si è rilevata una prevalenza complessiva di eccesso ponderale pari a circa il 48% (36% sovrappeso e 12% obesità) senza particolari differenze tra il campione urbano e quello rurale».

L’elaborazione dei risultati di questa indagine epidemiologica è in corso, anche se un dato che già emerge dalle prime analisi è l’associazione tra obesità e patologie associate da un lato e sedentarietà dall’altro, aspetto già sottolineato dal Report per l’intera popolazione italiana; solo 1 italiano su 5, rispetto alla media europea di 1 su 3, pratica regolarmente attività fisica, mentre il 63,8% degli italiani, contro il 47,3% della media europea non svolge alcuna attività aerobica settimanale secondo le raccomandazioni dalle linee guida. La quota di persone inattive è maggiore tra le persone con obesità (74,6%) rispetto ai normopeso (58,6%).La Sardegna si colloca pertanto in una posizione praticamente sovrapponibile alla media nazionale che mostra una situazione allarmante dal punto di vista sanitario, sociale ed economico.

«Il passo fondamentale – conclude la Velluzzi - per affrontare questa situazione è rappresentato dal riconoscimento dell’obesità a livello nazionale come una patologia cronica ad alto impatto economico, così come è stato richiesto dalla mozione approvata all’unanimità dalla Camera dei deputati nel novembre 2019. Questo consentirebbe non solo di garantire alle persone affette da obesità dei livelli di assistenza sanitaria pari a quelli che vengono forniti nel caso di altre patologie croniche come il diabete e di ridurre lo sviluppo di complicanze dell’obesità tra cui lo stesso diabete, ma anche di aumentare la consapevolezza del problema e la motivazione ad affrontarlo. Le società scientifiche, ed in particolare la Società Italiana dell’Obesità, di cui ho l’onore di presiedere la sezione regionale Sardegna, si stanno attivamente impegnando in questo senso».

C.F.

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